Sono una donna di 61 anni, sposata da 39 con un tunisino conosciuto in Italia dove si trovava per studiare e poi per lavorare. Abbiamo due figli, e una nipote.
Una storia come tante altre, eppure con tanti risvolti difficili. La mia è una città piccola e quando è nata la prima figlia non siamo stati esenti da piccoli momenti di razzismo, la bambina ne ha sofferto. Ma abbiamo anche potuto vivere una vita ricca di tante esperienze culturali e arricchire la nostra quotidianità di tutto quello che erano le tradizioni di due paesi. Una continua scoperta.
Ho tanti gatti e due cani, fonti inesauribili di allegria, gioco e divertimento.
Ho sempre voluto lavorare nel sociale e quando è nata mia figlia e l'agenzia con cui lavoravo ha chiuso per difficoltà gestionali, mi sono trovata per caso una notizia che parlava di un'associazione aperta da poco nel nostro territorio che cercava personale. Mi sono rivolta alla direzione, ho fatto un colloquio e mi sono trovata a fare un tirocinio parecchio strano: dovevo provare su di me gli strumenti e questo lo potevo fare solo entrando nel gruppo dei tossici in terapia. Mi sono messa in gioco e ho scoperto che al di là di fragilità o bisogni nati dal desiderio di affrancarsi da una dipendenza, cambiare se stessi e vecchie modalità di essere e fare con le quali siamo abituati e nelle quali ci riconosciamo ,non è per niente facile. Anche quando si riconosce che effettivamente non sono più utili ma anzi disadattive. Un'esperienza durata poco ma molto intensa e soprattutto molto utile. Non la dimenticherò mai più. Fu in quella situazione che incontrai genitori che avevano perso ogni possibilità di vedere i propri figli per il solo fatto di essere tossicodipendenti. Ho conosciuto la loro sofferenza. Ho riconosciuto in loro l'amore per i figli che è uguale all'amore che ogni genitore nutre pei i figli. Eppure non potevo non riconoscere che la loro vita era soggetta a troppe incertezze, troppe brutture, troppe amarezze per pensare che avessero potuto tenere con se i bambini come se niente fosse. Ma tutto ciò, al mio interno, mi creava tanta sofferenza. Come un tunnel da cui non si trova una via d'uscita. Mi sentivo così impotente. In un primo momento ho pensato che intanto potevo porre un piccolo rimedio aiutando almeno i genitori che noi accoglievamo ad avere vicino i bambini che potevano essere accolti in una casa famiglia da noi aperta appositamente. Non cambiavano molto le cose, ma almeno non c'erano chilometri di distanza. Da qui la mia incessante curiosità e insaziabile ricerca di nuovo e di conoscenza, mi hanno portato a conoscere realtà che rispondevano in modo differente alla questione. Mi rendevo conto che era assolutamente impensabile di arrivare nella nostra regione così piccola e ferma nelle vecchie idee, con dei servizi rigidi e inamovibili, con delle idee così rivoluziionarie: accogliere nella casa famiglia madre e figlio. La madre durante il giorno avrebbe frequentato il centro di disintossicazione e la sera rientrava a casa col bambino. Dovevamo creare qualcosa che avesse continuità per il percorso del genitore e avesse continuità anche per la relazione di attaccamento. Il genitore poteva occuparsi della sua problematica durante il giorno come se andasse a lavoro e poi rientrava a casa dove iniziava il suo lavoro di genitore ma anche il suo lavoro sulle sue competenze genitoriali. Una lunga battaglia a volte con tutto il mondo a difesa dei bambini e delle madri quando se lo meritavano perchè potessero riacquistare la loro dignità. E anche a difesa delle donne vittime di violenza domestica che raramente venivano da noi con provvedimenti che riconoscevano la loro condizione e che spesso si vedevano anzi accusare di essere loro le maltrattanti dei figli. Lo sappiamo: da noi le vittime che appaiono così dimesse non fanno simpatia, a volte gli aggressori sanno essere molto più adeguati ai contesti e sanno prendersi le simpatie dei servizi, stravolgendo così le responsabilità. Quante volte non mi sono arresa e quante volte ho visto rinascere queste donne e madri, recuperata la propria libertà e autonomia, ma soprattutto grazie all'essere state riconosciute. A volte basta un ascolto attivo, fatto con empatia per comprendere le sfumature del racconto e capire la realtà che viene nascosta agli occhi di chi non vuol vedere. Ma io ho imparato a vedere l'invisibile, il non raccontabile, a leggere dietro le sfumature e a tendere una mano per molte inaspettata. Ma ben accetta. Ho amato tutte le mie mammine, e il loro essere delle guerriere, sopravvissute ai loro traumi e forti più di quanto esse stesse credessero di poter essere. Amo fare questo lavoro, così come l'ho raccontato. I miei figli mi hanno sempre detto che io non ho due figli ma forse 100 , forse di più, in realtà non sono figlie mie queste mamme, ma persone che ho accompagnato nella loro strada e le ho aiutate a percorrerla in piedi e con lo sguardo dritto.
Ho iniziato a svolgere il lavoro di consulente familiare dapprima all'interno della casa famiglia, di cui ero la responsabile. Poi ho presentato alla direzione il progetto del consultorio da aprire come uno spazio rivolto a famiglie e genitori, o bambini, all'interno della nostra associazione. Clienti privilegiati erano sicuramente gli utenti delle comunità e i loro familiari, ma anche esterni se avessero fatto richiesta.
Il servizio rientrava nelle mansioni di contratto di dipendente, per gli esterni invece funzionava come un consultorio privato con delle donazioni e il personale che vi operava era volontario, come la sottoscritta.
In ogni caso l'inizio mi ha visto inventare alcuni strumenti che fossero adatti al luogo e ei bisogni delle persone. Usavo ritagli di giornali che parlavano dei bisogni dei bambini, condividevo con le mamme delle letture che le aiutassero a riflettere su alcune questioni di vitale importanza, le ascoltave raccogliendo le loro storie, le paure, le gioie.
Ascoltavo e sottolineavo le loro parole importanti che a volte venivano dette con leggerezza e senza dare il giusto senso alla questione, le aiutavo a aumentare la consapevolezza del loro ruolo, del significato profondo dell'essere madri, davamo insieme i nomi ai loro sentimenti che a volte sembravano veramente sconosciuti e ai sentimenti dei figli. Le aiutavo a fermarsi su dei momenti speciali, sostenevo la loro impazienza con dei diari che chiedevo loro di scrivere in cui si racconavano le giornate o si appuntavano alcune note, pensieri sparsi, parole che rischiavano di dimenticare. Nel tempo si arricchova il loro bagaglio di conoscenza, la loro cassetta degli attrezzi e ad un certo punto iniziavano a voler riempire anche la cassetta degli attrezzi dei figli. E volevano esserne capaci. Volevano essere loro a dare le risposte difficili ai figli, e lo volevano fare nel modo migliore e così passavano interi incontri a cercare di formulare le frasi giuste a costruire e a disfare fino a che trovavano quella giusta. Che non sapremo mai se era la giusta in assoluto, forse no, ma sicuramente era la giusta per loro perchè era quella che sapevano dire con il cuore e le parole calde che tengono viva una relazione.
Questi incontri sono diventati più frequenti con più mamme perchè i servizi hanno iniziato a inviarci figli con madri e ad apprezzare il nostro programma. Io ho visto crescere le mie responsabilità perchè erano tante le mamme e i bambini di cui mi dovevo occupare. E c'erano anche i nonni, provati dalla separazione dai nipoti per le scelte di una figlia o un figlio che già li aveva fatti soffrire così tanto e a lungo a volte. Gruppi di nonni e gruppi di genitori che si confrontavano sulle piccole questioni della quotidianità a volte senza poterla vivere e che trasformavano la rabbia con cui arrivavano al primo incontro in sofferenza profonda di cui prendevano coscienza in maniera profonda e autentica. Ho utilizzato vari strumenti, ma sempre molto spesso letture di testi o brani tratti dai testi che parlavano di bambini e dei pensieri dei bambini, bambini che avevano vissuto esperienze traumatiche per responsbailità dei propri genitori. Abbiamo imparato insieme a vedere ciò che normalmente non vogliamo vedere e che neghiamo, io ho dovuto pensare per loro l'impensabile perchè loro potessero farlo a loro volta. E quando sentivano in me la disponibilità emotiva ad accogliere ogni loro racconto, si raccontavano. Con estremo dolore. Ma anche con tanta liberazione.
Non ho mai lavorato da sola: questo lavoro si fa bene solo se non si fa da soli. La sofferenza come il trauma e la violenza che spesso caratterizza le relazioni di queste famiglie, è contagioso. Avere un gruppo di persone con cui condividere e confrontarsi è l'unico modo per alleggerirsi, per sapere che è più difficile prendere una strada sbagliata, perchè ci sarà sempre una collega pronta a dirti che stai facendo un errore. E questo attenua un pò la fatica, emotiva. Ma non la motivazione, anzi l'accresce.
Questo lavoro no si può fare se non si amano le persone, la loro anima, le loro storie, non è qualcosa che si fa, è un modo d'essere.
Adesso svolgo la mia professione in un centro che ho fondato con un mio collega e alcune colleghe che costituiscono il mio staff. Io esercito come consulente familaire, libera professionista, e svolgo la mia attività nelle scuole o nel centro.
Esercito anche come libera professionista da due anni, nel mio studio che mi sono voluta regalare. . Non sono più dipendente. Ho intrapreso anche la formazione come supervisore l'anno 2023 e ho conseguito l'abilitazione (che è come avere un master) . Anche questo comporta una responsabilità maggiore, una formazione obbligatoria annua per mantenere lo status. Ma questo non mi turba, per me la formazione è un dovere ma anche un piacere perchè solo così posso trovare le risposte più utili. Lavorare con le persone non può essere un modo stereotipato di fare, mi devo sentire sempre ricca di nuovi stimoli e nuovi pensieri per sapere di poter offrire al mio cliente una buona esperienza relazionale.
Ora lavoro prevalentemente online. Dopo aver fatto io stessa molte attività online ho capito di poter fare molto anche attraverso lo strumento che richiede delle attenzioni specifiche ma non riduttive. Almeno non troppo. Sicuramente richiede una attenzione maggiore ad alcuni aspetti generati dalla distanza e dallo schermo. Ma per il resto ha il vantaggio di non doversi recare sul posto che a volte per le persone è difficile, e soprattutto si può scegliere anche un consulente lontano dalla propria zona di vita.
Mantengo tutte le mie caratteristiche e le mie modalità anche nella professione privata. Quello che trovavo in una equipe lo trovo nella supervisione o nelle formazioni personali che faccio, essendo tutte a carattere esperienziale.
Come strumenti uso i disegni, le carte di vario genere a seconda del tema e della richiesta della persona, gli strumenti principe della consulenza il Fiore dell'Io e il S.O.S.I.A. .
1982 |
LAUREA : SOCIOLOGIA UNIVERSITA' CARLO BO DI URBINO - URBINO |
2001 TITOLO DI CONSULENTE FAMILIARE iscritto all’elenco dei consulenti al n. 383 dei soci. Professione riconosciuta ai sensi della l.4/2013
2006 TITOLO DI MEDIATORE RILASCIATO DALLA REGIONE MARCHE
13/01/2022 - |
MASTER in CRIMINOLOGIA II LIVELLO area psicoforense: CRIMINOLOGIA UNIVERSITA' E-CAMPUS - NOVEDRATE (COMO) |
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Firenze, direttore Dott. Rodolfo de Bernart. Docenti del Corso: R.de Bernart, V.Cigoli, G.Francini, D.Mazzei, L.Pappalardo, P.Patrizi, A.VassalliPrincipali materie / abilità professionali oggetto dello studio CORSO “LA CONSULENZA TECNICA E LA PERIZIA PSICOLOGICA”, il corso consta di 10 incontri per un totale di 80 ore di frequenza. Sede di svolgimento: Firenze. Ascolto del minore, valutazione del danno. Aspetti della coppia coniugale, ciclo vitale, redazione di una relazione tecnica, passaggi tecnici di una perizia. Diritti e doveri di un perito : PSICOLOOGIA ISTITUTO DI TERAPIA FAMILIARE DI FIRENZE - FIRENZE
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2023 |
Corso di formazione AICCEF per supervisori , terminato con succcesso e conseguimento del titolo di supervisore novembre 2023
DAL 2009 AD OGGI: ATTIVITA’ FORMATIVA COME MEDIATRICE COLLABORATRICE DEL CENTRO DI MEDIAZIONE DEI CONFLITTI DELLA REGIONE MARCHE
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Ascolto del cliente secondo la psicologia Umanistica Rogersiana, teoria e tecnica della psicologia transazionale, lavoro con i gruppi, ascolto empatico, teorie e tecniche del colloquio. Al corso triennale è seguito un periodo di tirocinio volontario. U.C.I.P.E.M. Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali. Scuola di Formazione per Consulenti Familiari psicologi e Operatori di Consultorio - via della Pigna 13 – formazione continua fino all’ultimo incontro del ottobre 2023 |
Altri attestati
Formazione continua:
Avrò sempre piacere di ascoltare chi mi contatterà per una prima conoscenza. Sono disponibile per consulenze nei giorni di lunedì e di venerdì.
Mi potete trovare al numero 353 451 4879 oppure 327 346 8406.
Se non rispondo sono impegnata n altro, a volte non conoscendo i numeri posso non rispondere. Il numero dedicato alla consulenza è il 353..... preferibile chiamare in quello.
In ogni caso chiedo di lasciare un messaggio su wa così che io vi possa richiamare appena possibile. Wa è sempre attivo. Grazie